Giorgia Marras / Munch before Munch
«Credo che tutto questo acquisti un senso nel momento in cui si cerca di raccontare la complessità dell’animo umano di Edvard, dei suoi problemi, delle sue angosce e delle sue aspirazioni, così tanto simili a un qualsiasi giovane che ha un sogno e che lotta per esso con tutte le proprie forze».
Giorgia Marras per Era Superba
A centocinquanta anni dalla sua nascita, è una piccola casa editrice – la Tuss di Genova, nata solo l’anno scorso – ad omaggiare uno dei pittori europei più importanti e controversi di sempre: Edvard Munch. A Tuss (e alle loro meravigliose edizioni) va il merito di aver scommesso su una voce giovane come quella di Giorgia Marras, illustratrice genovese di soli ventisei anni, che in questa graphic novel ha tentato di approcciarsi con una fase fondamentale della vita del pittore norvegese, quella in cui – dopo le troppe morti che gli funestarono la vita – Munch cominciò ad elaborare quello che sarebbe divenuto il suo stile personale, tra naturalismo, simbolismo ed infine espressionismo. Munch before Munch è il tentativo della Marras di approcciarsi a quegli anni di crescita che l’accomunano al suo soggetto, un modo per fermare sulla carta, attraverso il tratto, l’inafferrabile miracolo che è alla base dell’espressione artistica di ieri, di oggi e di domani.
[tab: «Io vivo con i morti»]
Così scriveva Edvard Munch in uno dei tanti quaderni che ne rivelarono, dopo la sua scomparsa, il carattere cupo e pessimista: aveva perso, nel giro di pochi anni, la madre e due sorelle. La morte del padre non avrebbe tardato, insieme al ritiro di un’altra sorella presso una casa di cura di Oslo, all’epoca Kristiania. Furono queste perdite a convincere quello che sarebbe diventato l’artista più importante di tutta la Norvegia, che la vita fosse solo angoscia e tormento: parole chiave che saranno fondamentali nella vita e nel lavoro del pittore. Eppure, Munch fu anche e soprattutto un artista sensibile e capace di interpretare la vita attraverso l’arte: giovane affascinato dalle influenze artistiche parigine ed europee, anche lui, come molti suoi contemporanei, fu un ragazzo curioso e appassionato. Di questa giovinezza segnata ma fiduciosa, Giorgia Marras raccoglie la speranza, mostrando nel suo fumetto un giovane Edvard ancora imberbe, intento a ritrarre la sorella in quella che diventerà la sua prima vera opera dopo l’abbandono degli studi di Ingegneria: Ritratto della sorella Inger, datato 1884. Nelle tavole che compongono Munch before Munch si rintraccia un segno clemente che spegne o sbiadisce quel clima di angoscia che caratterizzò la vita del norvegese. Le conflittualità e i tormenti vengono ‘appiattiti’ da un disegno e da un andamento della storia che tende a smussare le asperità che avrebbero altrimenti reso non poco complicato il confronto con la realtà.
[tab: «E l’urlo è dentro di me»]
Alla Marras bisogna perciò innanzitutto riconoscere un certo coraggio, dote necessaria in un’impresa tanto folle quanto pericolosa com’è quella, appunto, di voler ridimensionare un personaggio ‘vasto’ e complesso come Munch, in un fumetto di appena cento pagine. Per il suo ‘Munch in divenire’, Giorgia Marras ha avuto l’acume di non incaponirsi in quei territori impervi, concedendo alla sua opera un’impronta di respiro ampio e di leggerezza. Un’osservazione curiosa, più che la ricerca morbosa della realtà, che permettesse semplicemente di mostrare solo un frammento del percorso dell’uomo e dell’artista che molto avrebbe dovuto aspettare per ricevere i numerosi riconoscimenti che meritava. Al lettore è data la possibilità di fantasticare da solo su quella futura epoca di espressività straziata e straziante, perché – bello o brutto che sia – questo è Munch before Munch: una semplice pennellata, un disegno, un’espressione fugace di ciò che sarebbe stato, che non accontenta mai l’ossessiva curiosità di chi, in questo fumetto, ricerchi morbosamente la trasposizione della realtà.
Uno dei talenti migliori di Giorgia Marras è quello di non cadere nella trappola dell’evidenza quando questa rischierebbe di diventare scontata. Penso, per esempio, alle poche tavole in cui – con estrema semplicità – viene illustrata l’occasione che per Munch fu decisiva nella creazione di L’urlo (1893), episodio entrato nella leggenda, sul quale un illustratore più cinico avrebbe caricato la mano. Perfino le morti, che come detto nella vita del pittore furono decisive tanto nel percorso artistico quanto in quello umano, vengono tratteggiate con estrema agilità, senza mai scadere nel tragico o nell’ossessivo.
[tab: Un segno graffiato]
«Ho scelto una tecnica che potesse in qualche modo rimandare ai lavori grafici di Munch (molti dei quali sono sconosciuti ai più). Ho utilizzato della carta a grana ruvida e un pennarello-pennello molto popolare tra i fumettisti, il Pentel-Brush Pen, che usato in una certa maniera conferisce al tratto un segno “graffiato”. Ho completato il tutto con della matita nera sfumata, per i mezzi toni».
L’abbandono delle complicazioni narrative si riflette a tutti gli effetti anche nello stile di questo fumetto, in cui l’ispirazione alle tecniche frequentate da Munch, permettono all’autrice l’uso di uno stile quasi accademico. Ancora non totalmente libero da una certa acerbità, il Munch della Marras corre forse il pericolo di risultare vagamente esangue dal punto di vista del tratto. Commento insospettabile visti gli altri lavori dell’autrice, che in altri esperimenti appare molto più matura, non solo nel tratto ma anche nella tecnica, negli approfondimenti dei chiaroscuri o nella stesura del colore. Paragone azzardato, se in effetti si tiene conto che Munch before Munch è un’opera realizzata totalmente in bianco e nero (scelta sempre difficile da gestire per ogni illustratore) che purtroppo però, nel complesso rende il disegno meno maturo di quanto meriti. Per questa ragione, al di là del rispetto o dell’ispirazione riguardante la realtà, il Munch della Marras manca di una certa profondità stilistica che avrebbe a mio parere reso più incisivo il fumetto nel suo insieme.
Gaia Tarini