Hakan Günday / A con Zeta
Forse la vita è bella soltanto fraintendendo tutto. Solo fraintendendo. Ogni cosa.
Derdâ ha solo dodici anni quando viene data in sposa ad un uomo troppo più vecchio di lei. Lascia la Turchia per vivere da prigioniera a Londra, in un condominio di dodici piani di cui per lungo tempo conoscerà solo un pianerottolo e le quattro povere mura del suo appartamento. La sua sembra non essere una storia diversa da quella di tante altre donne in chador vittime di un destino già segnato; con la piccola differenza che, mentre in Inghilterra serpeggiano i primi falò del terrorismo islamico, Derdâ capisce che è giunto il momento di andare incontro alla propria vita. Decide di farlo scappando con Stanley, un omosessuale col vizio del sadomaso che la inizia in breve tempo alla musica punk, all’eroina e al mondo del porno. La sua è una discesa nel degrado e negli inferi, un viaggio irreversibile da una perdizione all’altra; eppure sempre a caccia della cosa più pura che esista: la libertà. E Derdâ sa che con un dizionario in tasca la si può raggiungere.
Da quella stessa Turchia da cui inconsapevolmente si è salvata, viene anche Derda, che a undici anni deve seppellire una madre morta di cancro rimasta sola per troppo tempo. Derda non è un bambino come gli altri: si guadagna da vivere con piccole truffe al cimitero, e se deve sezionare un cadavere con un’ascia non va tanto per il sottile. A diciassette anni viene ingaggiato inconsapevolmente dai nemici della democrazia, arriva tanto vicino al fuoco da bruciarsi: impara a leggere molto tardi e per colpa di una pistola finisce in carcere per ventiquattro anni.
A con Zeta è la storia dei loro destini che si chiamano per nome: si rincorrono per anni, legati da un filo sottile ma indistruttibile che li tiene intrecciati inconsapevolmente fino alla fine. Il loro possibile incontro diventa il simbolo del trionfo di quel colpo di coda che sembra ormai un miraggio, in un mondo in cui essere bambini è vietato e in cui entrambi hanno dovuto dimenticare presto cosa significhi essere felici.
Hakan Günday, stella nel firmamento della letteratura turca, ha un talento ineguagliabile nel raccontare una storia tanto drammatica con leggerezza atroce. Il suo A con Zeta (Marcos y Marcos , 2015) è un libro tenero e sporco, inaccettabile e necessario; illuminato da una scrittura che ha la capacità sensazionale di illustrare una triste storia nota con semplicità disarmante, così urgente e irrinunciabile che si fa fatica a staccare gli occhi dalla pagina anche quando questa è intrisa di perdizione o sofferenza. Günday è, finalmente, un narratore che non ha bisogno di insistere per chiamare il lettore a partecipare a quella piccola tragedia che può essere la vita, ma che non si lascia mai andare alla retorica né alla compassione. A con Zeta è un romanzo da bere, che interroga il cuore e lo stomaco, che mira all’anima e non ci pensa due volte a fare fuoco.
Consigliato a chi corre veloce come il vento, a chi crede nel destino e a chi non ha bisogno di conoscere il mondo per sapere com’è fatto davvero.
Gaia Tarini
Leggetela anche su Le ciliegie parlano