Osvaldo Guerrieri / Col diavolo in corpo
Gemito morì il primo marzo 1929 alle sette del mattino. Aveva lavorato fino all’ultimo. (…) Uscì nella notte gelida e inciampando, appoggiandosi ai muri, si avviò verso casa e si mise a letto. (…) Prima di chiudere gli occhi bisbigliò «Ho fame di cielo».
Hanno tutti fame di cielo i personaggi di Col diavolo in corpo di Osvaldo Guerrieri (Neri Pozza, 203), che ha raccolto e raccontato in questo volume le vite maledette di Modigliani, Gemito, Angeli, Campana, Malaparte, Pitigrilli, Bianciardi, Fusco, Chiari, Bene, Ciampi, Puccini e Leonarda Cianciulli (che chiude proprio maledettamente e con un improvviso tocco macabro questo libro). Artisti ma soprattutto uomini sempre alle prese col proprio tormento, con la ricerca inquieta nell’arte e nella vita di una sorta di perfezione mai trovata. In queste pagine sublimi e affascinanti Guerrieri sa parlare prima di tutto di parabole umane facendo emergere tutta l’inquietudine di queste vite, – le difficoltà economiche, gli amori disperati, la lotta con la società e le sue incomprensioni, gli assurdi ma inevitabili tour nel mondo della droga e nonostante tutto la capacità, di ognuno di loro, di sopravvivere e di diventare grandi. Dall’assurdo peregrinare di Modigliani, povero in canna, con una vasca di zinco al seguito come unica ricchezza, alla follia di Malaparte capace di amare solamente il proprio cane al quale indirizzava fantasiose cartoline; dalle sregolatezze narcisistiche di Carmelo Bene alla tenerezza di Campana, accusato per una vita di una pazzia clinica che non gli apparteneva sul serio, Col diavolo in corpo è un volume difficile da abbandonare che lascia entrare il lettore in un universo altrimenti inaccessibile, quello dell’insondabile irrequietezza di alcuni tra i più grandi artisti che la nostra storia culturale ricordi.
Consigliato se si ha la passione un po’ morbosa per le biografie e se non si ha paura di conoscere gli uomini dietro i grandi nomi della cultura.
Gaia Tarini