Alberto Cavallari / La fuga di Tolstoj
Alberto Cavallari, La fuga di Tolstoj. Skira, 2010.
Contravveniamo in parte alle regole che ci siamo dati (non parlare di libri delle case editrici maggiori: in fondo, e in cima, questa è una forma gratuita di pubblicità, e va ben puntata) per parlare di un libro delizioso pubblicato da Skira, La fuga di Tolstoj di Alberto Cavallari; e contravveniamo in parte dal momento che Skira, grande casa editrice di libri d’arte, come casa editrice di narrativa è, al momento, piccola (un po’ come se Adelphi facesse il catalogo di una mostra, via).
In questo racconto, lo scrittore Cavallari ricostruisce i giorni della fuga dell’ottantaduenne scrittore Tolstoj, in cerca di una vita che gli andasse meno stretta.
La casa editrice così lo presenta:
La notte tra il 27 e il 28 ottobre del 1910 Lev Nikolàevic Tolstoj è risvegliato da un fruscio nel suo studio: la moglie Sofia sta curiosando ancora una volta tra le sue carte. Stanco di una vita coniugale reciprocamente tormentata e di una famiglia inquinata da sospetti, gelosie e rivalità, all’età di ottantadue anni, decide di fuggire nottetempo, accompagnato dalla figlia Sasa e dal medico Makovickij. Alberto Cavallari ha ricostruito in questo racconto di straordinaria intensità i giorni della fuga di uno dei massimi scrittori occidentali («una fuga dalla morte, una fuga-rivolta, una fuga-libertà») dalla tenuta di Jasnaja Poljana alla sperduta stazione di Astàpovo, dove Tolstoj morì il 7 novembre, sotto i riflettori del mondo intero.
A contrappunto e rinforzo, la parola alla recensione di un lettore, Tiziano Cornegliani, tratta da un’amazzonica nota di lettura:
Buon lavoro questo di Alberto Cavallari. Gli ultimi giorni di vita di Tolstoj e la sua fuga da Jasnaja Poljana, e soprattutto dalla moglie Sofja, sono ben tratteggiati. Mi è piaciuto molto leggere che in questi ultimi giorni Tolstoj voleva con sé I fratelli Karamazov di Dostoevskij, I saggi di Montaigne e Una vita di Maupassant. Ma la pagina più bella è quella sulle contraddizioni di Tolstoj (predicava bene e razzolava male…). Eccola: «[quest’uomo] cui erano piaciute le donne, la guerra, il gioco, la moglie, i figli, i salotti, il danaro, e che dopo le crisi mistiche del 1881 voleva essere un apostolo, faceva l’amore con Sofja ma poi ne aveva disgusto, amava i figli ma li considerava peccati e si condannava per averli avuti, odiava il sesso ma gli era sempre piaciuto fermarsi nelle isbe a possedere le contadine, voleva la povertà ma viveva con servi e cavalli, voleva fuggire da casa ma non poteva vivere senza la moglie che gli organizzava il lavoro, l’attività editoriale, la gloria, la corte degli amici e dei clienti…».