Alessandro Cinquegrani / Cacciatori di frodo
Una moglie difficile (che ogni mattina si sdraia sui binari morti di una ferrovia dell’Alta Italia, aspettando di essere travolta); un fratello gemello odiato (che ha denunciato il padre, distruggendo per sempre la famiglia); e un destino drammatico, quello di Arturo Della Libera, che in Cacciatori di frodo di Alessandro Cinquegrani (Miraggi edizioni 2012), tenta di combattere i propri fantasmi. O almeno di venirci a patti, di instaurare con loro un dialogo – per quanto scomposto, disordinato, quasi autistico e, sulle prime, decisamente pretenzioso; cercando senza sosta la luce oltre il baratro, per trovare un senso a quel cumulo di segreti, dannazioni e domande che in questo libro riescono a diventare in qualche modo anche del lettore.
Arrivato finalista al Premio Calvino, quello di Cinquegrani è un esordio complesso, non per tutti, in cui il lettore è chiamato a fare necessariamente uno sforzo per addentrarsi nella seconda metà del libro (decisamente più convincente tanto dal punto di vista stilistico che da quello formale). La ricompensa è un romanzo più strutturato e meno scontato di quanto non si ci aspetti, che facilmente rovescerà il vostro giudizio di partenza – com’è successo a me. Questa qualità è sufficiente a renderne possibile la lettura, mentre il mio giudizio rimane (per una volta tanto) davvero aperto, in bilico tra convinzione e scetticismo.
Consigliato? Provateci.
Gaia Tarini