Céline Frainpont e Pierre Bailly / Il muretto
«Credo che l’adolescenza sia un periodo molto ricco della vita, e avevo voglia di parlarne in questo fumetto. Rosie nel libro ha tredici anni. Trovo che sia l’età ideale, quella in cui si è per metà bambini e per l’altra adolescenti, quasi adulti. Questa specie di ambivalenza costruisce il personaggio nella sua totale personalità e fisicità. Credo che Pierre abbia reso perfettamente questo suo essere bambina e insieme adolescente, futura donna, ed è in effetti questa scissione che trovo essere interessante. Non avrei potuto disegnarla a sedici anni, perché avrebbe avuto tutt’altra età, avrebbe fatto altre cose».
Céline Fraipont, BD Sanctuary
Sull’adolescenza e suoi tormenti è stato ormai scritto così tanto, che differenziarsi raccontando questo tipo di storie richiede una dose non indifferente di coraggio e inventiva. Ci hanno provato due anni fa anche Céline Fraipont e Pierre Bailly con Le muret (Il muretto), edito in Francia da Casterman e uscito in Italia l’anno scorso grazie a Eris Edizioni, casa editrice torinese nata nel 2009.
Protagonista della vicenda è Rosie, tredicenne francese che vive in Belgio: figlia di due genitori assenti, in questa storia malinconica dovrà fare i conti con le scoperte dolci e amare che conducono alla maturità. Fraipont e Bailly hanno scritto e disegnato una storia sulla ricerca disperata dell’identità, sul valore dell’amicizia e sui compromessi inevitabili che servono per compiere un salto verso il futuro.
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[tab: Cattive abitudini]
Tutto ha inizio quando Rosie, adolescente dai capelli neri, viene lasciata sola dalla madre in fuga per Dubai col nuovo fidanzato. Il padre viaggia spesso e non è mai in casa, così a lei resta molto tempo per fare ciò che vuole, andare a trovare Nath’, l’amica d’infanzia che abita lì accanto, ma anche e soprattutto marinare la scuola. La sua è una lenta discesa, sempre più tragica, verso l’inferno dei cambiamenti: Rosie si sente una ragazza cattiva e svogliata, non dedica tempo alla scuola, comincia a bere e a fumare e ben presto si avvia verso una necessaria dissoluzione di sé, quella che precede l’inconsapevole rinascita. È sorprendente il suo modo di guardarsi allo specchio senza vergognarsi ed ammettere le sue paure: dorme con la luce accesa e nell’abbraccio con Nath’ cerca una sorta di protezione, l’amuleto contro il terrore di rimanere sola. Quello che teme, come tutti coloro che hanno avuto la sua età, è non ritrovare se stessa nel distacco dal mondo di prima: un costume da ballerina di quando era piccola (che sorprendentemente le entra ancora) le permette di rimanere ancorata all’universo che ha il terrore di lasciare, il nido spazio-temporale dentro cui costruire cumuli di sassolini significava erigere un muro contro la noia e la solitudine. Il muro, che dà non a caso il nome al titolo, è fondamentale metafora di separazione; l’ideale ma terribile linea di confine che sta tra un’età e l’altra, il sacrificio apparentemente invalicabile che è necessario affrontare per compiere l’impresa più eroica di tutte: cambiare. Su quel muretto accade di tutto: spazio di riflessione, abbandono ma anche incontro, diventa presto anche il pretesto per conoscere Jo, ragazzo taciturno che inizia Rosie alla musica e al sesso. La musica ha un ruolo non indifferente nel Muretto: come nella vita vera, la colonna sonora che attraversa questo fumetto è fondamentale per sottolineare la rottura col passato. Suoni angoscianti, duri, sparati a volume altissimo, mentre l’universo di Rosie si popola sempre più di distorsioni e distruzioni. Apparentemente tutto va male, i professori sono preoccupati per le sue assenze – che vengono presto scoperte dal padre – e a Nath’ viene proibito di vederla per le cattive abitudini che Rosie non riesce ad abbandonare e che le permettono di sopravvivere.
È il punto di rottura definitivo, quello in cui lei, davvero potente nella sua credibilità, cerca di risolvere le cose tagliandosi i capelli. Tenta anche di aggrapparsi ad un’altra amica, una parrucchiera molto più materna della sua mamma naturale, che le offre appoggio e affetto. Questo non basta: il suo cammino inevitabile verso il completo annullamento di sé e delle proprie certezze deve giungere così tanto a compimento che è addirittura Jo, il ragazzo che conta più di tutto per lei e che l’ha iniziata all’amore, a spingerla sull’orlo del precipizio. Dopo una brutta serata in discoteca, com’era stato nel meraviglioso Persepolis di Marjane Satrapi, per Rosie comincia finalmente la risalita, la presa di coscienza attraverso cui diventare grandi sembra un’impresa meno disperata.
(continua)
[tab: La spaccatura]
Ma è in questo stacco narrativo violento che tutta la validità del Muretto inciampa. Improvvisamente, dopo quella discesa disperata negli inferi, a pochissimo dalla fine, tutta la rinascita che ci si aspetta viene brutalmente concentrata in poche pagine. Non contenti di aver sconvolto a tal punto il lettore, Fraipont e Bailly non trovano di meglio che prendersela con Jo, personaggio controverso ma davvero fondamentale, che scelgono di eliminare dalla storia con un pretesto che stona con l’andamento generale della vicenda. È un trauma che pesa non poco nella valutazione complessiva del fumetto, che accompagna pedissequamente il lettore in quella dissoluzione e un attimo dopo, d’incanto (ma sarebbe meglio dire con spavento) lo scaraventa altrove, costringendolo ad assimilare una parte importante della storia che viene inesorabilmente tirata via. Quel lutto così grave appare poco credibile nella sua volontà di segnare un punto di svolta, una rinascita; tutt’altro, dovrebbe quantomeno sconvolgere Rosie a tal punto da impedirle ancora una volta di prendere possesso della serenità tanto agognata. Improvvisamente la ritroviamo, capelli sempre corti, in un tripudio di fiori: è finalmente primavera e lei vuole guardare avanti, ma alle spalle c’è stato uno stacco brusco non indifferente, che sul lettore ha il sapore di un’estromissione. Il sipario è calato troppo presto, impedendoci di partecipare (come invece abbiamo ossessivamente fatto fino a quel momento) ai cambiamenti cruciali che innescherebbe un evento tale.
Così, amaramente, la storia frana come un muretto con poca calce.
(continua)
[tab: Oltre il muro]
A compromettere ulteriormente il mio giudizio complessivo sul Muretto è stata anche la sua realizzazione grafica, naturalmente fondamentale in un’opera come questa. Totalmente d’accordo sui bianchi e neri, che sanciscono quel mondo oscuro e violento, punteggiato di schiarite, che sottolinea quel percorso in divenire. Il Muretto non avrebbe potuto essere un fumetto a colori. Ma ciò che lo penalizza è un disegno non indimenticabile, che spesso si fa impreciso, un po’ tirato via come quel finale che non riesco a perdonare ai suoi autori. Apprezzo il messaggio metaforico che dovrebbe scaturire da quelle linee imprecise, quasi musicali, che insistono sul nero che avvolge la storia; ma non perdono quest’approssimazione quando si deve già supplire ad una falla nella trama, ad un’imprecisione nella struttura narrativa che deve essere fortissima, oltre che innovativa e favolosa. È un commento amaro che mi costa, per la fiducia che avevo riposto in questa storia, per la fiducia che ripongo sempre nelle storie che hanno il coraggio di intraprendere strade già battute. Ma per differenziarsi davvero bisogna saper guardare oltre il muro.
Consigliato alle ragazze che si sentono cattive.
Gaia Tarini
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