Davide Reviati / Morti di sonno
«So quello che volevo fare, e non era parlare di me e della mia vita, ma di un luogo con le sue contraddizioni, e soprattutto di una generazione che in quel luogo ha consumato le sue ansie e le sue speranze, gioie e disperazioni. L’intenzione era di raccontare quegli “efebi maledetti” nel modo più sincero possibile, restituendo l’epica delle loro vite, così come ne vivo io il ricordo e la presenza ostinata…»
Davide Reviati, Mangialibri
Romanzo di formazione, di distruzione, di perdita; fumetto illuminato – metaforicamente e non: dal 2009 (anno della sua uscita per i tipi di Coconino) ad oggi, Morti di sonno di Davide Reviati, ravennate classe ’66, ha avuto diversi importanti riconoscimenti, dal premio Micheluzzi al Napoli Comicon del 2010, al Prix DBD 2001 come miglior album straniero. Una favola a tratti amara, che deve moltissimo – se non tutto – al fantasma onnipresente della periferia italiana, topos letterario e locus reale ricorrente, che ha sfornato, insieme a questo, molti altri talenti italiani. Morti di sonno, opera completa e matura sotto tanti punti di vista, appare straordinariamente toccante e leggera. Il suo merito più grande resta quello di riuscire a parlare, con straordinaria agilità, dell’adolescenza e dell’innocenza perduta, temi cari a molti autori e disegnatori del nostro tempo. Un fumetto di inconsueta lunghezza, in cui Reviati ha saputo approfittare dello spazio per rendere in qualche modo cinematografica e letteraria insieme la sua storia.
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Koper, Scartigno, Lario lo Spaccone, Rolfo, Iper: sono solo alcuni dei nomignoli dei tanti piccoli eroi che popolano questo fumetto; micce appena accese, ragazzini che amano il calcio e – non meno di rado – giocare a fare gli adulti. Proprio loro, “nati per bruciare”, che all’ombra del Petrolchimico di Ravenna e sotto i palazzi del villaggio ANIC fortemente voluto da Enrico Mattei, sperano di entrare nella S.P.E.M. e coronare una volta per tutte il loro sogno: tirare in porta da professionisti. Non hanno fatto i conti, però, col fantasma del progresso: l’entrata in gioco del petrolchimico in città che, a tutti gli effetti, darà e toglierà lavoro, cambierà le loro vite per sempre. All’ombra del sogno economico Koper e gli altri giocano le loro interminabili partite di pallone, piegati dalle leggi tenere e feroci dell’adolescenza: attraverso lo sport italiano per eccellenza, Reviati convince il lettore a guardare alla loro tenera età, ai loro sogni e bisogni legittimi e intoccabili, talvolta violenti o molesti, altre volte orgogliosi e leali. E di partecipare un po’ al racconto della loro disillusione, quando – come l’avverarsi di un oscuro presagio che percorre costantemente il fumetto sottopelle – la fabbrica si rivela in tutta la sua spietatezza. L’autore conosce le scorciatoie per affinare tanto il linguaggio quanto la penna, per approfondire quei momenti che, insieme ad un improvviso lirismo, non nascondono una certa vena di malinconia, quando non di disperazione. È così che nascono tavole variegate, in cui crudeltà e tragedia si mescolano senza affanno ad immagini di delicatezza, in una mescolanza che utilizza la malizia per raccontare al meglio questa storia di sogni infranti (o forse no).
(continua)
[tab: 2. Per aspera ad astra]
Il calcio è una delle colonne portanti di Morti di sonno: un gioco violento capace di estrapolare le gioie e i dolori dei piccoli soldati del villaggio ANIC. Reviati si serve di questa chiave popolare e nazionalmente condivisa per creare un riflesso della vita vera, per raccontare tanto l’evasione quanto la realtà. Il gioco è idealmente una porta, un ingresso ma anche un’uscita tra il mondo dei grandi e l’universo circoscritto dei piccoli. Il calcio è anche l’osservatorio ideale per osservare i chiari e gli scuri di questi piccoli eroi: le feroci prese in giro, le imperdonabili mancanze, gli sbagli mai passati sotto silenzio; ma anche le ingenuità, le superficialità legittime, le tenerezze, in fondo, di tutti quei bambini moderni costretti a diventare grandi. Nell’esposizione insistente e prolissa delle loro sfaccettature, emerge senza riserve il loro stare in bilico tra i crudeli cambiamenti dell’adolescenza, gli alti e bassi del tormento e della rinascita, dell’allontanamento e della perdita. Lo sguardo – tanto il loro quanto quello dell’autore – viaggia in questa altalena infinita di sensazioni e di prese di coscienza, attraverso le asperità della caduta degli dei. Mentre il calcio rimane in qualche modo in sottofondo, sopraggiungono infatti elementi di disturbo: la fabbrica su tutti, che da fautrice di speranze finisce per affermarsi come mostro fagocitante. Così, mentre al villaggio la congrega degli eroi continua a danzare tra un rigore e un calcio d’angolo, i sogni dei padri si spengono lentamente, con quelle lacrime silenziose che fanno la doccia fredda anche a loro, gli invincibili, nel rientro a casa con le magliette ancora sporche. Questa dimensione di irragionevole crollo onirico è completamente nelle mani di Reviati, che conosce bene la violenza di quel mondo a cavallo tra vecchio e nuovo, quando il linguaggio dei bambini diventa chimico, quando gli amici cominciano a scomparire, perduti dietro destini che il petrolchimico ha solo segnato più in fretta.
A quegli eroi toccherà rincontrarsi da adulti, facendo i conti coi fantasmi degli amici che non ce l’hanno fatta e coi padri partiti troppo presto – le cui vite se ne sono andate nel lungo cammino (forse mai totalmente raggiunto) del progresso. Nessuno di loro è diventato effettivamente il calciatore che sognava, o forse sì: quello di Davide Reviati è un fumetto aperto tanto alla speranza quanto allo spleen, un’opera che conosce dislivelli narrativi non indifferenti, dove il sogno economico sa trasformarsi in incubo, ma anche dove la morte può speranzosamente apparire solo come «un’assenza ingiustificata».
(continua)
[tab: 3. Urgenze]
«Mi piace pensare che Morti di sonno avesse troppa fretta di uscire per attardarsi in esercizi di stile e compostezza grafica» (dalla medesima intervista già citata).
Fumetto altalenante tra accuratezza e non, Morti di sonno è un’opera sostanzialmente interessante, capace di diventare profonda (anche nel tratto) all’occorrenza. Non tutte le sue tavole saranno ricordate come meravigliose, ma – per stessa ammissione del suo autore – questa graphic novel rappresenta soprattutto un compromesso tra urgenza narrativa e segno stilistico. Il talento (certamente potenziale e ancora migliorabile) di Reviati sta nel sapere quando tirare via il disegno e quando soffermarvisi, in una mescolanza che nel complesso rende la storia ben strutturata. Meravigliose appaiono alcune tavole dove l’autore sembra essere stato decisamente travolto da un insolito stato di grazia: nel campo illuminato a giorno dove brillano le tristi fiaccole delle ranocchie a cui i ragazzini hanno appena dato fuoco; o nelle ultime pagine in cui campeggia un moderno Piccolo Principe proletario che tiene al guinzaglio un nugolo di rondini. Non di rado i disegnatori italiani appaiono baciati, anche nelle loro creazioni meno brillanti, da una sorta di sguardo unico, capace di sintetizzare improvvisamente in poche ed immediate immagini illustrazioni che sanno rendere speciali i loro fumetti; Reviati è certamente entrato nel loro firmamento con queste poche trovate, che condensano in definitiva tutto il senso, l’idea, l’intento di partenza che ha realizzato l’epopea di quei (ora immortali) ragazzini di periferia.
Consigliato agli illusi e ai disillusi, ai ragazzini di tutte le età.
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Gaia Tarini