Roberto Alajmo / Almanacco siciliano delle morti presunte
Con orripilante ritardo, parliamo del libro che ha fornito lo spunto per il titolo di questa rubrica: l’Almanacco siciliano delle morti presunte di Roberto Alajmo, meritevolmente recuperata dalla casa editrice Il Palindromo nel 2013 e oggetto di fortissima invidia da parte della nostra casa editrice.
Il Palindromo lo presenta efficacemente così: «L’istante prima della fine, l’ultima immagine definita prima che una luce bianca e abbagliante, «la luce davvero troppo forte» delle mattine di fine luglio a Palermo, si trasformi improvvisamente in nero. C’è poco da ricamarci su: quando si muore si muore e basta, niente più parole.
L’Almanacco di Roberto Alajmo è una rivoluzione di prospettiva: racconta, come in una soggettiva, il congedo prima del buio di uomini e donne uccisi dalla mafia in cinquant’anni di guerra in Sicilia. Non si perde in interpretazioni, emozioni, rimpianti. Non c’è il tempo, è giunta l’ora».
La prosa di Alajmo dischiude nella sua secchezza il mestiere del giornalista, nella costruzione offre quello dello scrittore. E davvero, questi pochi istanti subito prima della morte, delle morti, morti di ignoti, morti illustrissime, morti improvvise, morti, morti e ancora morti hanno in sé una potenza difficilmente sopportabile se lette d’un fiato: il rischio è dell’anestesia da ripetizione, dell’effetto mitridatizzato dalle ripetute immersioni / immedesimazioni nella testa di chi sta per morire, e nei suoi pensieri persi dietro a un sentimento, a una distrazione («Dottore, che fa? Ha tolto la chiave», cito a memoria), a una sciocchezza, a una cosa qualsiasi comunque importantissima perché ultima.
Ci son libri da divorare: ecco, questo va centellinato.
E non bastassero Alajmo o i quasi comprimari di lusso Sandro Volpe e Roberto Scarpinato, la copertina, dolorosa e necessaria, è di Angela Viola, che per noi ha meravigliosamente illustrato quella del Buio nell’acqua di Patricia MacDonald.
Insomma, come non si fa a volergli bene, a sto bellissimo libro? A non essere un po’ partigiani? Fa così male.