Hernán Ronsino / Biografia di un albero
Disse che stava scrivendo una mandria di ricordi. In certi giorni aveva paura che scappassero dal recinto.
La morte misteriosa del vecchio amico di famiglia Pajarito richiama in patria il giovane Federico Souza, figlio di un padre taciturno e giovane dedito alla malinconia. Souza è cresciuto a Chivilcoy, in Argentina, dove le storie si raccontano e si raccolgono per strada, biografie intense e spesso inquiete che in occasione di questo lutto spalancano le porte di altre rimembranze. Contemporaneamente all’accettazione di quella perdita violenta, Federico ritrova in patria il pretesto per far riemergere dentro di sé i personaggi che hanno popolato la sua infanzia, uomini affascinanti e protagonisti di biografie da romanzo che si sono persi e ritrovati, subendo gli inevitabili cambiamenti e le disillusioni del presente. Il suo è un viaggio anche metaforico all’insegna della maturità, degli amori da riordinare, degli affetti da rivalutare, della terra che prende e che dà, senza chiedere mai troppo il permesso.
Biografia di un albero di Hernán Ronsino (gran vía 2015) aveva tutte le carte in regola per essere un grande romanzo. Per metà ci riesce perfino; peccato si areni dalla seconda parte in avanti, mostrando lo scheletro dietro una polpa solo apparentemente seducente: troppi personaggi, una trama confusionaria che stenta spesso e volentieri a prendere una piega concreta, una prosa fumosa che tragicamente perde le sue qualità per strada, andando a sfiorare vagamente la noia. Il sapore che lascia è quello di un’occasione mancata, il che è un vero peccato considerando la bella confezione.
Consigliato a chi non demorde facilmente.
Gaia Tarini
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