Jaume Cabré / Le voci del fiume
Prima di proferire anche una sola parola su questo romanzo, prima di enunciare – con logica ed ordine – gli elementi fondamentali su cui è tessuta la storia, prima del regime franchista, prima del conseguente tentativo della resistenza di rovesciare la dittatura, prima della religione, prima del sesso e del potere, Cabré racconta una menzogna più insondabile.
Una menzogna che, dall’apertura del sipario alla sua chiusura, attraversa tutto il libro, si manifesta nelle più svariate forme, si infila silenziosamente in tutte le pagine, lasciando le sue macchie indelebili di sangue: il tradimento.
Il tradimento degli ideali, dell’amore, della fiducia dell’altro e, ab origine, il tradimento della vita sull’uomo.
Vita che spesso promette e non mantiene alcunché.
Tina, maestra e moglie tradita del XXI secolo, trova in una vecchia scuola i quaderni con la confessione di un marito e maestro traditore. Il maestro Oriol di Torena che, durante la seconda guerra mondiale, aveva lasciato alle fauci dei Falangisti (milizia fascista) un suo alunno innocente che piangeva e si pisciava nelle mutande, prima di essere fucilato. Il rimbombo per il paese di quello sparo, sulle cime dei Pirenei in Catalogna , è il rumore sordo dell’anima che capisce che il vero colore del cielo non è l’azzurro, ma il buio senza fine. Attorno a Oriol Fontelles si addensa una umanità contraddittoria, sofferente e bugiarda che Cabrè denuda nella sua meschinità: uomini senza eroismo e senza possibilità di perdono.
Svariati sono i volti che appaiono in questa storia, dalla nobildonna Elisenda Valibrù,la milionaria di Torena, al sindaco-boia Valentì, a Jordi , il marito infedele di Tina, il cui minimo comune denominatore non si trova, se non nella menzogna.
L’autore si cimenta nell’esperimento – in questo caso, davvero ben riuscito – di mostrare i legami fra la storia e l’evolversi delle vite individuali, che sono storia nella storia.
Come il più abile ragno Jaume Cabré tesse, con un continuo slittamento di piani ( dal piano della realtà oggettiva alla realtà soggettiva, dal presente al passato, dall’interiorità all’esteriorità), un racconto dove il confuso non è altro che la volontà di essere chiaro. Questo crocevia di storie, pensieri ed emozioni, restituisce alla realtà la propria complessità.
L’amara verità di questo inchiostro catalano è svelare le parallele infinite su cui camminano gli uomini, destinate a non incrociarsi mai , nei secoli dei secoli. Non c’è salvezza o redenzione in Le voci del fiume né con la morte, né con l’amore, perché anche l’amore, nella vita, viene irrimediabilmente tradito.
Matteo Demartis