Paolo Del Colle / Spregamore
«Dov’è, dentro di noi, la vita? Sin dove arriva, dove rimane intatta, priva di residui o rancori, quando continua senza di noi ignorando la nostra esistenza e diventa un pensiero o almeno un’occasione mancata?»
Lo Spregamore di Paolo Del Colle (Gaffi 2014) è un raffinato ritratto di solitudine e abbandono curato nei minimi dettagli, in cui il protagonista s’interroga sulla vita e sulla morte, sul senso di entrambe e sulla possibilità di salvezza (se c’è) prima che tutto venga cancellato. Assistente di una madre molto malata, Paolo Lorenzo ha appena perso il padre; i genitori si sono lasciati come tante altre coppie, a suon di violenze e parolacce. Il fratello nato morto, di cui porta il secondo nome, vigila su questa famiglia disgraziata, arricchita dalla presenza di un gatto anche lui prossimo alla scomparsa. Per sedare lo stato di abbandono e di disperazione in cui si trova, Paolo cerca rifugio nei ricordi e nelle puttane; percorre i quartieri dell’Eur in preda ad un’angoscia a volte dolorosamente lucida, altre volte necessariamente distorta. La sua è una battaglia per la sopravvivenza, che fiancheggia ossessivamente un desiderio di scomparsa: nel suo disperato tentativo di comprensione e nel suo bisogno di perdono si leggono ferite difficilmente sanabili. Del Colle ama così tanto questo personaggio che lo immerge completamente nel degrado; lo maltratta e lo costringe all’autismo mentre si rovista, mentre racconta una vita distrutta, un dolore senza speranza di rimarginazione. Spregamore è un romanzo complesso che fa del male, nel quale la lingua ricercata ma vera del suo autore fa da cornice ad un universo di umanità e tragedia.
Consigliato a chi ha amato L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino.
Gaia Tarini
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