Pia Valentinis / Ferriera
«I libri che preferisco sono quelli in cui né le parole né le immagini avrebbero senso, prese singolarmente. A un certo punto del mio percorso ho sentito l’urgenza di mettermi in gioco e di raccontare usando anche le parole. Ferriera nasce anche da questa necessità».
Pia Valentinis per Lo spazio bianco
Sul ricordo più difficile – quello di un padre che non c’è più – poggia Ferriera, il fumetto di Pia Valentinis edito questa primavera da Coconino Press. Una storia in cui ancora una volta diventa centrale il racconto dell’Italia del dopoguerra e dell’avvento della fabbrica simbolo del boom economico ma anche causa di quelle maledette e ingiuste disgrazie chiamate già allora «morti bianche».
Illustratrice di libri per bambini e vincitrice del Premio Andersen nel 2012 con Raccontare gli alberi (Miglior libro di divulgazione), Pia Valentinis si serve del racconto di quell’Italia di ieri per ripercorrere le storie del padre operaio emigrato in Australia e poi tornato ad Udine. Una graphic novel femminile e profonda che cerca di vincere ancora una volta la sfida più difficile: fermare il ricordo attraverso il segno.
[tab: Vedere storie dappertutto]
«Mio padre… C’è stato un periodo in cui mi sono vergognata di lui». Ammirevole tentativo di rappresentare in un unico fumetto la storia personale e quella universale, Ferriera si apre col disegno fedele della carta identità di Mario Valentinis, ottantaseienne nato ad Udine, di professione attrezzista laminatoio. A quel babbo senza segni particolari, sua figlia tenta di restituire la dignità che non si trova sui documenti, indagandone e frugandone il ricordo per ricostruire a tutto tondo il profilo di un uomo che trovò, nel suo personalissimo piccolo universo, il coraggio di essere indefesso lavoratore ma anche entusiasta contestatore. Tutto per quelle vite perdute dentro la fabbrica, che dona il titolo a questa graphic novel mai in modo così emblematico, se veramente – fino a cinquant’anni fa – un uomo era il lavoro che faceva.
Una figura tenera e dura, quella di Mario Valentinis; grande amante degli uccelli ma severo con gli insetti che ne funestavano le colture, ragazzino sveglio e intelligente che non mancò mai di rispetto al regalo sempre uguale il giorno di Santa Lucia, e futuro marito costretto – come molti suoi coetanei – a lasciare l’Italia per cercare fortuna dall’altra parte del mondo. Grazie alle parole e alle immagini di una figlia ormai adulta, quest’uomo ha l’occasione di rivivere in queste pagine, consegnandoci il racconto di una vita di valori purtroppo oggi dimenticati: la lotta operaia, la conservazione disperata della dignità, il lavoro, la fatica, il rispetto per i colleghi e per le persone. Ma anche le personalissime passioni, la devozione per gli animali e la ricerca come qualsiasi altro essere umano dell’equilibrio che rende la vita semplice e appagante. In questo fumetto, nato dalle storie che Pia Valentinis ha sempre visto dappertutto, padre e figlia camminano insieme nel gelido inverno, attraversando la carta con struggente semplicità. La storia del sangue, che è anche la più difficile da gestire, diventa fondamentale in Ferriera perché la storia non risulti mai sbilanciata tra contesto personale e sociale: è una donna adulta, che ha cessato di essere solo una figlia, che si confronta ormai del tutto completamente con la figura di un uomo che ha cessato di essere solamente suo padre. Ed è allo stesso tempo invece questo il motivo e la fortuna principale che servono alla Valentinis per regalare a quella figura quell’indulgenza che rende speciali anche le storie più comuni.
[tab: Ricordare attraverso il segno]
È l’inconfondibile disegno intrecciato a campeggiare dentro Ferriera: un fumetto indulgente con le illustrazioni a tutta pagina o in grande formato, dove la Valentinis sa frequentare tanto lo stile stilizzato quanto il dettaglio. Quello sguardo amorevole che è proprio della narrazione, rivive all’interno del (di)segno in cui è sempre l’autrice a scegliere quando e come calcare la mano. Questo reticolato complesso, su cui si stagliano talvolta figure appena tratteggiate, è un terreno ideale per una storia che ha bisogno tanto di concedersi respiro quanto di farsi risoluta negli snodi critici della narrazione: attraverso di esso, l’autrice dimostra di aver compiuto in maniera totale e totalizzante il percorso sulla riflessione della resa emotiva e creativa che è alla base del fumetto. Un tratto femminile che non eccede mai nel didascalico e che porta teneramente l’impronta di un disegno amoroso, carico di partecipazione.
Consigliato a chiunque abbia bisogno di ricongiungersi a un ricordo.
E grazie a Pia Valentinis per avermi regalato le sue bellissime tavole, senza le quali questa recensione non sarebbe stata la stessa.
Gaia Tarini