Rebecca Lee / Lince rossa e altre storie
«Perché allora non mi hai mai parlato di lei?»
«Perché non si parla delle cose che si desiderano di più. Lo sai.»
C’è sempre un campus o un tramonto azzurro a fare di sfondo alle storie di Rebecca Lee; sempre un rumore di pioggia – quella che si avverte prima sulle foglie che addosso, e figure umane, tante, che si aggirano come linci rosse dentro le pagine di quest’antologia. Un libro profondo e ricco di bella scrittura, che s’inizia e si finisce con piacere sottile, e che spesso costringe ad alzare gli occhi per concedersi un momento e tirare un respiro: quello necessario a far decantare la potenza delle immagini che contiene. Una strana e tesa forma d’amore, inspiegabile e a volte violenta, si intreccia alle storie della Lee, padrona di una narrazione anche intrisa di un certo impegno sociale e che getta uno sguardo particolare sull’America di una Guerra Fredda che non è forse mai finita. Questi di Lince rossa e altre storie (Edizioni Clichy, 2016) sono racconti portentosi, scritti da una penna sublime, perfettamente in grado di barcamenarsi tra la Storia circostante e quella intima, spezzata o speranzosa dei personaggi che l’abitano. Difficile non abbandonarsi alla dipendenza dolceamara che suscita questa raccolta, sempre in cerca di una specie di perdono, sempre esposta ad un dolore sottile o dedicata ad un entusiasmo; tra studentesse bugiarde, romantici architetti e malinconici professori di ritorno ad un passato che non si può dire, Rebecca Lee sublima gli aspetti già decadenti di una società passata che ha perso la battaglia per la redenzione. Appassionante, e soprattutto appassionato.
Questo libro è per chi sta per affrontare un viaggio in treno non troppo lungo e per gli animali rari che si nascondono nella foresta.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.