Rocco Lombardi / Alberico
«Credo che Alberico sia (…) la visione di un unico albero che resta sulla terra, e il dovere-necessità di riscoprirlo e difenderlo simboleggia la riflessione e la resistenza sulla tecnologia che ha radicalmente sconvolto il nostro essere umani»
Rocco Lombardi, XL
L’hanno definita una «favola ecologica» alla maniera di Calvino, che «racconta metaforicamente una lotta contemporanea»: una favola silenziosa, direi io (o meglio muta), capace di raccontare con la sola esibizione delle immagini una storia materiale e urlante. Alberico, pubblicato per Giuda Edizioni solo l’anno scorso, è un fumetto di Rocco Lombardi, formiano classe ’72 che nel 2013 ha vinto il premio Boscarato come miglior disegnatore italiano.
L’ultimo barone rampante. La dedica che compare all’inizio del fumetto recita: «Alla quercia più alta su cui mi arrampicai / quando non ero più alto di un piccolo arbusto». E si capisce perché. Alberico rappresenta una sorta di ultimo barone rampante: come ogni ombroso ma illuminato eroe che si rispetti, porta una maschera da picchio, e dalle cime di una quercia (l’albero più stabile per antonomasia), ha scelto di stare dal lato verde della vita. Come un’insolita arca di Noè, la quercia rappresenta l’ultimo rifugio della natura dal mondo del cemento e dell’edilizia incontrollata e spersonalizzante: tra i rami del mondo vegetale, trova rifugio quello animale: elefanti, rinoceronti, giraffe, orsi, linci e altri, che riposano in amache di giunchi e corde «senza peso», sollevate da uccellini. Alberico è l’ultimo punto d’incontro tra l’umanità e un mondo che sembra arrivato al capolinea, un eroe ecologista che ha imparato a comunicare con la natura e ne ha scelto il linguaggio, le regole. Ultimo disperato tentativo di espressione sembra essere quel suo battere il legno come fosse un tamburo: il monito perché il cemento non fagociti dentro di sé le ultime risorse naturali a rischio di estinzione. Quella di Lombardi è perciò una storia che parla soprattutto di speranza: poco importa il finale, al quale si arriva – come in molti bei fumetti che si rispettino – non senza un compromesso struggente, un risvolto malinconico. Alberico vuole mettere e metterci in guardia, illustrando il sacrificio di un singolo, rispetto i pericoli che corre la società moderna.
Partire dal nero per trovare la luce. «Lavoro su un fondo nero dove graffio con un taglierino per far venire fuori il bianco, la luce, il contrario di quello che si fa di solito partendo dal foglio bianco» (da XL). In questo fumetto Lombardi ha potuto dimostrare che la missione di un disegnatore è prima di tutto quella di saper comunicare senza le parole, lezione che purtroppo alcuni tendono molto spesso a dimenticare. Semplificando e azzerando lo spazio talvolta ‘ingombrante’ del balloon, l’illustratore può giocare a rendere ancora più complesse le immagini. Ecco perché i suoi pesanti neri la fanno da padrone nelle immagini profonde, quasi toccanti, in cui si esprime il conflitto mai risolto tra la città e la natura, tra il selvaggio e la civiltà. Del resto è lui stesso che ammette che lo scratchboard (stile secondo il quale il disegno parte da una base scura e non chiara come avviene di solito) è la tecnica che rende più giustizia alle sue idee, alle visioni che gli vengono incontro prima di costruire in maniera vera e propria la storia che ha deciso di illustrare. «Tendenzialmente sono uno che vede tutto nero. Ed è quindi da lì che devo partire: raschiare, togliere, trovare la luce. La materia base è nera e devo lottarci per trovare un equilibrio» (da Sherwood).
In questo modo, il tratto si fa leggero o pesante, riuscendo soprattutto e straordinariamente a rendere il movimento, un movimento perpetuo di vento o di pioggia che all’occorrenza sa suggerire il rumore di foglie mosse ma anche quello del silenzio (assordante) che colma questo fumetto.
Alberico è quindi un fumetto breve ma intenso, tanto interessante dal punto di vista stilistico che da quello dei contenuti, e che anzi trova, nella sua insolita brevità, un punto di forza. Una lettura fulminea che spinge alla riflessione come ormai pochi altri libri (o fumetti) sanno fare.
Consigliato a tutti coloro che sono stati, almeno una volta nella vita, dei baroni rampanti.
Gaia Tarini