Viktor Šklovskij / Der Zoo, o Lettere non d’amore, oppure La terza Eloisa
Tutta la mia vita è una lettera per te. Sempre più rari gli incontri. Quante semplici espressioni ho compreso: mi struggo, ardo, sono perduto, ma mi struggo è l’espressione che mi è più chiara.
Ho inventato la donna e l’amore per scrivere un libro sull’incomprensione, su gente straniera, su una terra straniera. Voglio tornare in Russia. Così recita l’ultima lettera, la ventinovesima, della raccolta epistolare che compone Der Zoo. Viktor Šklovskij aveva trent’anni quando nel 1923, in fuga dalla polizia bolscevica, si rifugiò a Berlino; una città straniera, dove la gente gli risultava incomprensibile e lontana, e dove per sopravvivere pensò, immerso in quello che non può essere considerato altrimenti che uno stato di grazia, a questo libro.
Per sopravvivere a quella Germania straniante, Šklovskij ebbe la forza di inventare un’opera epistolare inedita e sperimentale (com’era nel suo stile) che tentasse di salvarlo: un uomo che scrive ad una donna che non lo ama e che gli chiede accoratamente di scriverle tutto tranne che d’amore. Perciò quell’uomo le parla, attraverso un carteggio che non riesce, nonostante il suo coraggioso impegno, ad essere meno sincero e appassionato; nel tentativo accorato, sentimentalissimo di Šklovskij, si intuisce l’amore più quando questo non viene indirettamente nominato che quando diventa esplicito. Šklovskij scrive: «Parlare d’amore mi fa male. Parleremo di automobili.», ma, di fatto, è in questa suo tentativo di eludere uno dei principi universali per eccellenza, è in questo struggimento insostenibile che arriva dritto ai livelli celesti della poesia. Chi soffre o ha mai sofferto per amore o per indifferenza d’amore, non potrà non essere trafitto da quest’opera, così modesta e poco appariscente nella sua struttura e che cela al suo interno un universo ricchissimo di sentimentalismo e del suo contrario.
Recentemente ripubblicato da Meridiano Zero, Der Zoo, o Lettere non d’amore, oppure La terza Eloisa è uscito sul Post in una serie imperdibile di letture ad alta voce a cura di Paolo Nori.
Consigliato ad A. e a tutti i giovani Werther là fuori.
Gaia Tarini
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