Antonella Cilento / La madonna dei mandarini
Il paradiso è qui, su questa terra. Basta saperlo cogliere. Ci provano, maldestramente, i personaggi infernali della Madonna dei mandarini di Antonella Cilento (NN Editore, 2015), anime allo sbaraglio della Napoli più scura, quella degli ultimi: gravitano, ognuno a modo loro, intorno ad un’associazione che si occupa di disabili, stipendiati zero, con mille motivi per scappare via. Questa è la fotografia del loro estremo sforzo per rimanere lucidi in un’atmosfera che non dà niente, nella cornice squallida che li allontana progressivamente dalla loro umanità: c’è Simone, al quale un giorno una ragazza disperata apre la gola con un rasoio; Camilla che doveva fare l’artista ma adesso, a trentacinque anni, non sa far altro che accendersi una sigaretta dopo l’altra; don Cuccurullo che – chiuso nel suo studio che fa il verso a quello dei Montefeltro di Urbino – sta scrivendo un romanzo col polso che sfoggia il Rolex pagato con le offerte. E poi c’è Statine, che ha venticinque anni, pochi capelli, una punta di diabete e che è ancora vergine: sua nonna, che sta per morire, prende la vita con la leggerezza che manca a lui e ai figli disgraziati che viaggiano in questo romanzo, gli racconta le leggende della tradizione che sono l’unica cosa buona e vera che resta. I mandarini sono la consolazione dei poveri, quelli per cui la speranza è stata cancellata da un pezzo. Qualcosa deve cambiare, non importa in che modo, e Statine ci prova: il crollo delle sue dighe interiori è quello che servirebbe alle ragazze madri che non ce l’hanno fatta, alle bambine che hanno visto morire il proprio padre, alle suore manesche, ai parrocchiani ipocriti. La nota sensazionale di questo piccolo e fulmineo romanzo sta nell’indagare fastidiosamente bene dentro questa fotografia così lampante e oscena, così tenacemente disperata, così tanto alla ricerca di un cambiamento che forse arriva e forse no. Non commettete l’errore di credere che sia un libro leggero.
Consigliato a chi domenica si sveglierà presto per la messa e a chi avrà il coraggio di restare se stesso anche dopo la tempesta.
Gaia Tarini
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