Bastien Vivès / Polina
«Volevo scrivere un libro che parlasse d’arte, soprattutto della sua capacità di rendere complesso qualcosa di estremamente semplice e accessibile».
Bastien Vivès, CCÇ Dance
Torna Bastien Vivès con una storia tutta al femminile ispirata alla figura straordinaria di Polina Semionova, giovane étoile dell’Opera di Stato a Berlino. Vivès, trentunenne parigino pubblicato in Italia grazie a case editrici del calibro di Black Velvet e Bao Publishing, ha vinto a venticinque anni il Prix Révélation al festival del fumetto di Angoulême con Il gusto del cloro (2010). Disegnatore ormai affermato, con Polina ha saputo mettere in relazione danza e fumetto scrivendo una storia che parla di arte, sacrificio e ricerca in cui il suo talento si sublima regalando al lettore una storia difficile da dimenticare.
[tab: Senza dimenticare da dove vieni]
Polina ha solo tredici anni ma è già una ballerina promettente quando viene ammessa alla classe del professor Bojinski. Maestro spigoloso ed esigente oltre che grande estimatore del balletto, quest’uomo di poche parole la inizia ad un percorso che intende la danza soprattutto come spirito di sacrificio. Polina è un’adolescente che vaga tra i sogni di svago e l’incapacità di mollare gli esercizi: vorrebbe eccellere, ma gli allenamenti e la costante sensazione di non essere abbastanza la spingono momentaneamente ad abbandonare il ballo classico per buttarsi anima e corpo in un’esperienza di teatro danza in giro per l’Europa. Lì conosce l’amore e la realizzazione, senza mai dimenticare l’antica preparazione: quegli esercizi estenuanti, mai lodati, a cui Bojinski l’ha sempre severamente sottoposta.
Il suo percorso a cavallo tra due stili contrapposti, costringono il suo cuore e il suo corpo ad un continuo gioco di ambivalenze. Quello che intraprende è un cammino verso la realizzazione professionale ma anche personale: con gli strumenti di oggi, Polina dovrà necessariamente connettersi all’artista che vuole diventare. Bastien Vivès l’accompagna durante questo viaggio faticoso e inevitabile tra gioie e delusioni, cadute e voli. Polina ci insegna a non dimenticare le lezioni del passato, ci inizia alla conoscenza di una disciplina ormai un po’ dimenticata che vanta un passato illustre e meraviglioso, sapientemente riportato in luce da questo disegnatore di talento.
[tab: Esprimersi senza parole]
Bastien Vivès, di cui m’innamorai grazie a Il gusto del cloro, ha la stupefacente capacità per un artista così giovane (trentun anni oggi, solo ventisette al momento della pubblicazione di Polina) di rendere con immediatezza e precisione gli spasmi e i movimenti dei suoi personaggi. Il suo stile, che in questi due fumetti ha privilegiato due discipline che costringono l’illustratore ad uno studio approfondito del corpo, sa plasmarsi con efficacia e versatilità. Da un lato non rifugge, anzi dichiara la sua matrice accademica e classica, lo studio inflessibile dell’anatomia; ma proprio in virtù di questo sa diventare tanto personale semplificando il tratto, rendendolo immediatamente riconoscibile.
Ecco perché Polina, prima di tutto, è una riflessione sul corpo e sul movimento, un esercizio di osservazione quasi morboso che cerca l’innegabile legame che corre tra danza e illustrazione. Nella sua composizione grafica, espressione più alta del dinamismo e della versatilità, tutto è racchiuso in un universo di linee: il disegnatore non sa staccarsi dalla ballerina perché entrambi, con attenzione chirurgica, si sottopongono ad una disciplina ferrea che privilegia la conoscenza del corpo per capire come riuscire a farlo scomparire. È così che Polina diventa un universo magico, che sa parlare anche e soprattutto al di fuori del dialogo: la sua bellezza non sta prettamente nei balloon, all’interno dei quali la storia procede solo in minima parte; si esprime invece in maniera magistrale grazie a quei bellissimi disegni che la compongono e che di fatto sanno tenerla in piedi da sé. Proprio come Il gusto del cloro, Polina è un fumetto che sacrifica volentieri le velleità narrative scritte per restituire al disegno quella natura parlante che in Vivès è materiale vibrante: i suoi personaggi riflettono molto, guardano molto fuori dalle finestre, si chiudono molto in se stessi; al lettore (e osservatore) è chiesto lo sforzo di leggere nei loro pensieri e farli propri, lasciarsi trasportare da un fil rouge che è tutto negli sguardi, nei gesti e nei silenzi.
[tab: A tinta unica]
Sorprenderà scoprire che Polina è sostanzialmente un fumetto monocolore, basato sull’uso di un’unica tavolozza beige. Una scelta coraggiosa ma intelligente, che dimostra l’autonomia di cui parlavo sopra, riguardante tanto il tratto quanto le tinte che lo accompagnano. Voglio credere che l’uso di una sfumatura così indefinita sia metafora di quell’età in cui il compromesso la fa ancora da padrone, il passaggio dall’infanzia alla maturità, ma anche il percorso, naturalmente, che porta una giovane ballerina a diventare una grande étoile. Vivès ci costringe a tenere sotto controllo il tessuto emozionale della storia: che disegni gioia, tenerezza, malinconia o disperazione, il suo è un colore unico che abbraccia i personaggi affidando a chi legge e guarda il compito di colorare da sé gli avvenimenti che si inseguono tra le pagine
Sublime bilanciamento tra tratti «grossi» e stilizzati, Polina è una mescolanza di linee pesanti e leggere: un altro richiamo metaforico alla danza, che è leggiadria ma tensione, che deve sapersi fare labile e incisiva. Stupefacente è la capacità di Vivès di stabilire fisionomie, caratteri ed emozioni attraverso un uso tutto sommato approssimativo del tratto: provate a sfogliare velocemente questo fumetto e vi renderete conto della sua mobilità, del suo incredibile potenziale.
Consigliato a chi ha bisogno di disciplina.
Gaia Tarini
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