David Foenkinos / Le nostre separazioni
A pagina 122 David Foenkinos mette in prosa sé stesso, quando scrive:
L’ho letto senza fermarmi, e tuttavia non riuscivo a capire se mi piacesse o no. Mi chiedevo se il mio interesse fosse legato a un’eccitazione egocentrica. Un libro che ti è stato dedicato non si legge nello stesso modo di un libro qualsiasi. Non potevo fare a meno di cercarvi segni, codici, allusioni, ma alla fine ho trovato solo una storia triste. Di una tristezza banale.
Il protagonista, Fritz, sta parlando del romanzo di Iris, la donna che diventerà sua moglie. Fritz è innamorato però, da sempre e per sempre, di Alice, ragazza di buona famiglia con cui per anni ha vissuto un amore burrascoso. Il romanzo è raccontato in prima persona, perché egli è uno di quei protagonisti che non potrebbero mai rinunciare alla narcisistica esposizione del sé e dei propri pensieri: è lui che stila la cronaca tormentata di un amore che è stato solo in parte, costantemente ostacolato dagli sgambetti del destino. Fritz è la personificazione del maschio ottuso ed egoista: neanche quella con Alice – che considera la donna della sua vita – riesce a salvarlo dalla tentazione di diventare sregolato o inopportuno. Per una volta riesce a portarla quasi all’altare, dopo aver interrotto il loro primo fidanzamento grazie ad un’uscita infelice; e anche lì, fallisce. Dichiara l’esclusività del suo amore, ma al tempo stesso lo tradisce senza colpo ferire. Ho una spiccata avversione per i protagonisti come lui, figure che non riescono a stare né dalla parte dei cattivi autentici né dalla parte dei pentiti: questo ha inficiato fortemente la mia lettura. Mi aspettavo un buon romanzo (speravo ad ogni costo che lo fosse, lo ammetto, per compensare la brutta copertina e la brevità dell’opera), ma non l’ho trovato. Storie così se ne scrivono fin troppe, e il pericolo della banalità e dell’inconcludenza è sempre dietro l’angolo. Foenkinos, autore francese apparentemente molto apprezzato (i suoi romanzi vantano traduzioni in quindici lingue) mi ha lasciato non poco perplessa nella fotografia sovraesposta e vuota di un amore di per sé smidollato. Le nostre separazioni (E/O, 2012) è uno di quei libri che terminano lasciando al lettore la sensazione di avere un debito con l’autore; un debito di tempo e di aspettative che è duro da sanare. Ed è un peccato soprattutto se, come in questo caso, la lettura è avvenuta dietro consiglio.
Questo libro è per chi abbia voglia di dimostrarmi che sbaglio.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.