Manuele Fior / L’intervista
C’è un passaggio in cui Dora dice: “Sapete, conoscere a fondo una persona, senza poter leggerle nel pensiero era molto difficile. Diciamo pure che ci si impiegava una vita. Ed era a volte molto doloroso.” Qui sta parlando di noi, no? Di come ci conosciamo adesso. Ma lei sta parlando ad una platea in cui ognuno legge l’altro, che crede probabilmente che non siamo unici, anzi facciamo le cose come una mente unica, come una colonia. Una mente alveare. Ovviamente pensare all’umanità in questo modo fa paura, però chissà, se può evitare che ci massacriamo gli uni con gli altri, è così brutto?
Manuele Fior, Fumettologica
Udine, 2048. In un futuro non così prossimo, una serie di piccoli avvenimenti inquietanti come cerchi nel grano si sussegue nella provincia dove Raniero esercita la professione di medico psicologo, in una clinica per riabilitare pazienti complicati. Tra di loro c’è Dora, ragazza misteriosa e spregiudicata dai liberi costumi, che sostiene di essere in contatto con presenza extra terrestri. La sfida contenuta in uno dei più bei fumetti di Manuele Fior – L’intervista (Coconino Press, 2013) – è quella di far sì che le convinzioni crollino, a favore di un pensiero universale più grande, alla ricerca di una risposta a domande che non hanno neppure neanche una voce. Scritta e disegnata interamente in bianco e nero, L’intervista è un “romanzo di fantascienza che non esplora le stelle, ma il delicato, fragile universo interiore delle relazioni e dei sentimenti di ciascuno di noi” (dalla quarta di copertina).
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[tab: 1, Dora]
Il 2048 non sembra poi così lontano se ci si mette a riflettere sul pensiero telepatico e sugli effetti che questo potrebbe avere sulle nostre vite. I cieli si aprono in strani prismi e il mondo si abbandona ad un intenso e improvviso blackout: Dora lo sa – lei, l’unica, nel momento in cui l’universo si mostra più fragile, a credere senza condizioni alle presenze extraterrestri e alla loro volontà di mandarci un messaggio, quale che sia. Raniero la incontra ad Udine, dove esercita la professione di psicologo, dopo aver letto la sua cartella clinica: una ragazza strana, ninfomane, appartenente ad una nuova setta che pratica l’amore libero e che crede in un mondo che sta cambiando sotto i piedi di chi lo calpesta; lui, razionale scorbutico e incapace di tenere le redini sfilacciate di un matrimonio che sta andando in pezzi, e lei, con gli occhi grandi come quelli di un manga (non a caso Fior si è ispirato a Leiji Matsumoto), che con candore comincia a squadernargli di fronte la possibilità che la sua auto, sbandata la notte prima dopo la comparsa di strani fenomeni nel cielo, non sia precipitata per caso.
Il loro rapporto inizia subito con una tensione, che è la resistenza del razionale sul possibilismo. Dora è bellissima e intelligente, giovane, curiosa e disinvolta: tutto quello che Raniero non è, tutto ciò a cui lui – uomo di scienza – cerca di resistere. L’amicizia involontaria e la loro frequentazione diventa il pretesto perché si aprano squarci improvvisi. Che cosa succederebbe se uno come Raniero cominciasse all’improvviso a credere agli influssi di qualcosa di sconosciuto, ad una forza superiore, che decide e governa i nostri pensieri e i nostri destini molto prima che questi siano nostri? Uscendo ed entrando dal cerchio magico del loro rapporto, Dora e Raniero si influenzano a vicenda: a chi toccherà credere e a chi toccherà mettere in discussione ogni convinzione non sarà chiaro fino all’ultimo; come non diventerà chiaro, almeno per un numero sufficiente di pagine a dilaniare il lettore, dove sia davvero la verità, e in cosa sia giusto credere. Piccoli strani eventi gravitano attorno allo scenario di provincia scelto da Fior, che mette in risalto contraddizioni e ipocrisie di una società pronta a sfaldarsi. Valter, collega ottuso e piatto di Raniero, è la personificazione di un sentimento più collettivo di sfiducia e di sospetto, l’incarnazione dello scetticismo e dell’incapacità di credere che davvero qualcosa è forse in arrivo. Dora lo sa, e con grazia tenta di trascinare il suo dottore nell’universo luminoso, spalancato del tutto è possibile. Il viaggio a cui invita L’intervista è un percorso commovente e inquietante dentro il mondo visibile e quello che ancora non c’è, sospeso in una terra di nessuno e dalle atmosfere limitari, sfiancate che richiamano ai film di Mazzacurati.
[tab: 2, Così piccoli]
“È il mondo che è vecchio. E falso, stupido e senza senso, piccolo ottuso, povero infelice stanco. Finito”, dice Dora. Nell’Intervista c’è una specie di convinzione, di fondo, che la ragione stia negli occhi di chi sa guardare la realtà. Il fumetto gioca costantemente con la capacità di chi disegna di insinuare il dubbio nel lettore; ma è la storia stessa – con le sue ambientazioni a volte magiche a volte banali – a dare pian piano tutte le risposte. La comune di Dora – ricettacolo di ragazzi e ragazze che praticano il sesso libero e che vedono la seduzione come uno dei tanti atteggiamenti vitali – è la metafora di un qualcosa che “ha già ottenuto il proprio statuto”, l’irreversibile cambiamento cui Raniero (e progressivamente gli altri personaggi, fino ad arrivare al lettore) devono per forza convertirsi.
Ma la magia di questo fumetto sta nel non attingere mai dal calderone del trito e ritrito; piuttosto nel rispettare con delicatezza un umore che ricorda L’ultimo terrestre di Gipi (2011): non si parla di alieni ma di una rete di pensieri, di qualcosa che è altro senza diventare mai sguaiato. Dora è destinata a vivere, e a raccontare quello che è stato, quel momento del passato in cui è stato possibile guardare al futuro; quel momento in cui c’è stato qualcuno che l’ha fatto, o ha imparato a farlo: questa è la storia che questo libro racconta. L’intervista è di fatto uno dei fumetti più coraggiosi di Fior, ma di sicuro anche uno dei più riusciti: la sceneggiatura è scattante e sublime, il disegno essenziale ed elegante. Struggente e malinconico l’umore a fine lettura, dopo che ai personaggi è stato concesso di essere dopotutto e forse prima di tutto umani; chi legge ha bisogno di lasciar depositare quell’ansia inquietata e vagamente speranzosa che è la base della fantascienza, ma meglio ancora del fantastico. Quell’indizio che ci dice, confortandoci, che tutto ciò che immaginiamo ha l’occasione, prima o dopo, in questo mondo o nell’altro, di diventare reale.
[tab: 3, Cosa saremmo se non ci rimanessero neanche i sogni]
L’intervista è il primo fumetto di Manuele Fior che vedo completamente scritto e disegnato in bianco e nero. Scelta azzeccatissima, che suggerisce una specie di ambientazione-sceneggiatura perfetta. Commovente la capacità di Fior di saltare con grazia da un segno didascalico all’illustrazione classica. A pagina 96 e 97 ci sono due pagine di completo buio che guarderete per cinque minuti, in silenzio, rendendovi conto di come – da quel nero – riesce a emergere il suono (in questo tipo di esperienze “sensoriali” Fior è maestro, basti ricordare la pioggia di Cinquemila chilometri al secondo).
E poi ci sono alcuni passaggi in cui il bianco e nero diventa fondamentale non solo per il significato metaforico della storia (una luce nel buio che illumina lì dove la mente è rimasta troppo a lungo spenta, o un’occasione per accenderla con nuovi stimoli, con nuove informazioni e idee) ma anche perché l’espressione grafica sia completa. Fior è diventato un mostro di bravura – se mai non lo è stato – nel sintetizzare ancora una volta suoni e impressioni con facilità straordinaria, con piccole trovate, geniali escamotages, e il fumetto ha la forza prorompente di un fiammifero che tenti di illuminare una stanza del cuore dove sono segregate le nostre paure e le nostre speranze più belle.
Questo libro è per chi sa dove trovare le candele quando salta la corrente. Per chi si è seduto vicino a me ad un banchetto di Treviso dicendomi che il tempo esiste solo un pochino. E per chi guarda il cielo sapendo di non essere solo – in qualsiasi parte di universo si trovi.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.