Sara Taylor / Tutto il nostro sangue
«Se succede qualcosa mentre io e tua madre non ci siamo, beh, c’è pur sempre il nostro cane, e tu sai come si carica un fucile». Quando sentito raccontare a Sara Taylor questo aneddoto a Treviso per il Festival di Carta Carbone (ricordando un’infanzia di solitudine insieme alla sorellina più piccola di nove anni), ho pensato alla bellezza della contaminazione che c’è tra il reale e ciò che scriviamo, alla nostra capacità di rendere fiction quello che vediamo, viviamo e proviamo davvero, in un mondo che non è finzione, ma che a volte è più bello di qualsiasi storia possa venirci in mente di tradurre in narrazione. Si apre allo stesso modo Tutto il nostro sangue, ambientato in una delle tre isole al largo della costa della Virginia che sono “immerse nell’oceano atlantico come gocce cadute in un dipinto”: un’adolescente apre il fuoco contro un vicino rabbioso colpevole di aver fatto violenza una volta di più sulla bambina sbagliata. «Il lavoro di editing è stato fondamentale», ha raccontato Sarah Taylor durante il dibattito letterario a Treviso, «perché nel mio libro c’erano molti più omicidi»: è infatti un romanzo che è stato definito gotico, il suo, e puramente americano; ma pieno di quel realismo magico che ancora, dopo tanto tempo, continua a far sentire la propria voce. Quel realismo che fonde la superstizione alla violenza, la magia alla tragicità della vita, l’immaginario al tessuto sociale specialissimo e in un certo senso esotico di un volto dell’America che preferisco, quello che sta tra misticismo e modernità. Profondamente radicato allo scenario su cui si muovono i personaggi (non per caso la Taylor è stata paragonata a Flannery O’Connor), quel volto ci restituisce le storie di due rami di una stessa famiglia, ricca di figure enigmatiche e senza sconti: donne e uomini che tradiscono o hanno tradito le proprie speranze o quelle altrui, che si nascondono dietro la violenza, il bisogno di scappare, l’accettazione di una vita amara o la ribellione ad un destino. Questi capitoli, che hanno la potenza di racconti a sé stanti, danno voce ad una scrittura drammatica e delicata, furiosa, potente, che parla innanzitutto della storia di un luogo, della difficoltà di evadervi e al contempo dall’incapacità di poterlo fare, che è quasi sempre anche desiderio. Tutto il nostro sangue è un romanzo bellissimo, pronto a dare tante lezioni di scrittura a chi vorrà accoglierlo senza pregiudizi né titubanze; il trionfo espressivo di una donna al suo esordio, di cui aspettiamo febbrilmente altri lavori.
Questo libro è per chi ha amato la prima stagione di True Detective, per chi resta seduto sull’erba ad aspettare che faccia scuro guardando le montagne e per chi ha bisogno di una lettura lenta e sorprendente.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.