Giuseppe Dessì / Lei era l’acqua
Ma dire “se” non ha senso. Non poteva esserci “se”. Il nostro destino era segnato. Il suo e il mio, e quello di tutti coloro che stanno tra noi due.
Lontani da una certa idea magico-leggendaria della Sardegna eppure a lei molto vicini, i racconti di Dessì che compongono Lei era l’acqua costituiscono un’occasione rara per osservare la letteratura sarda da un punto di vista fondamentale: la scrittura del Novecento. Sono storie intime che chiamano spesso e volentieri in causa la forza ancestrale del paesaggio, della terra e della lingua, quelle di Dessì; eppure che in un certo senso cercano di astrarsene. Ma la cosa più sorprendente, riflettendo sugli ‘esercizi’ precedenti al Premio Strega che sarebbe arrivato nel 1972 con Paese d’ombre, è la componente insolita della narrazione. In racconti come I segreti, Fuochi sul molo ma anche (e forse soprattutto) in quello che dà il titolo all’antologia, emerge una vena poetica sempre in bilico tra una scrittura bella e pura e il significato tagliente e commosso in cui è conservato il vero messaggio dell’autore. Dessì, in altre parole, è stato un sardo capace di coniugare la narrativa del passato con l’esigenza di parlare di sé e della sua terra in termini moderni, taglienti e drammatici. Profondamente radicati ad un territorio sofferente, allora come oggi, eppure ricco di identità e orgoglio, i racconti di Lei era l’acqua (ripubblicati da Ilisso nel 2003 e già di Mondadori dal 1966) spostano di continuo il loro significato sottinteso; costringono il lettore – a volte con dolcezza altre con più veemenza – a prendere sentieri meno evidenti all’interno della storia. A volte, invece, restano lì, perfetti nel loro candore. Gli basta un respiro solo un poco più largo, un sentore di vegetazione o una parola sul vento, perché si librino leggeri nello spazio vivo dell’universo narrativo.
Questo libro è per chi non dimentica le parole dette e tiene memoria dei regali. Per chi sogna dimenticando i confini tra verità e finzione, e per chi cammina tra i sentieri odorosi del mirto e del lentisco, mettendosi in bocca bacche sconosciute senza la paura dell’ignoto.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.