Jean-Baptiste Del Amo / Il sale
Gli adulti dicono parole, compiono gesti che perseguitano la vita dei figli senza che loro ne sappiano niente.
Un pranzo di famiglia diventa il pretesto perché Louise si riunisca coi tre figli, Fanny, Albin e Jonas, e un quarto commensale, il passato, che incombe su tutti come una maledizione, insieme al ricordo di un padre e marito violento che ha lasciato profonde ferite nella vita di tutti coloro che l’hanno amato e assistito. Durante la giornata che abbraccia la preparazione di quest’evento, vengono a galla conflitti e dolori a lungo taciuti e improvvisamente risvegliati dall’opportunità di un nuovo incontro. Fanny, infatti, combatte con la morte di una figlia che le impedisce di godere della vita coniugale e di amare e farsi amare dal figlio adolescente; Jonas, sempre in conflitto con tutti a causa della propria omosessualità, è un ragazzo che ha pagato a caro prezzo sensibilità e vocazione amorosa. Albin, infine, lievemente sessuomane, padre e amante appassionato, cerca di restare in piedi in un mondo che, a dispetto del suo bisogno di certezze, è pronto a sgretolarsi. Il nucleo familiare è messo a nudo dalla scrittura ricca e ricercata di Jean-Baptiste Del Amo, che conosce perfettamente i meccanismi taciti e perversi che corrono tra individui dello stesso sangue: il passato è per tutti i suoi personaggi croce e delizia, dolore e passione, sensualità e brutalità; e il sale non è che l’ultimo velo – e il più tenace – che resta loro addosso, nonostante i folli tentativi di liberarsi di quell’ombra costante che li ha spezzati. Così, dentro una narrazione che parte soprattutto dalla descrizione assolata ma sconcia della costa orientale francese, Del Amo trascina il lettore dentro una voragine svergognata e infinita, colma di erotismo e spietatezza: Il sale (Neo Edizioni, 2013) pesca nell’intimo dei personaggi che lo popolano, che è una corda tesa tra l’abiezione e l’amore, tra la speranza e la rinuncia ad una necessaria serenità. Un libro denso, ben scritto, che solo di tanto in tanto rischia di diventare prolisso; e che fruga senza pudore tra le pieghe del non detto.
Questo libro è per chi, almeno una volta, ha riso ad un funerale; e per i bambini costretti a diventare grandi che avanzano ancora un bicchiere d’amore.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.