Nell Zink / Senza pelle
«Quando ti vedo non riesco a smettere di pensarci. Posso scoparti ora? Perché no? Non ci vede nessuno. Nemmeno io e te. Chiudiamo gli occhi. Resta un segreto.»
Non è detta che lo amerete. Perché Senza pelle è un romanzo difficile, che arriva a mettere le mani nella politica e nella battaglia per l’ecologismo, prima di raccontare – quasi solo di sponda – la storia di due esseri umani. Due che ingombrano questo mondo, che lo inquinano e lo disturbano (e al tempo stesso ne vengono disturbati) a volte in modo esasperante, con lunghe sessioni di birdwatching e di sesso disordinato, e un’inquietudine tutt’altro che di fondo, che li spinge da una parte all’altra dell’Europa, dalla Germania all’Albania, senza speranza di salvezza. È una lingua chiara quella di Nell Zink, razionale e squadrata come la sua protagonista: Tiffany – giovane, scostante, irrimediabilmente infedele, destinata all’infelicità. Lei e Stephen si sono sposati tre settimane dopo essersi conosciuti, e il loro matrimonio mostra subito i denti: sono troppo diversi, troppo egoisti, troppo malinconici, troppo curiosi. Gli uccelli e l’osservazione morbosa delle loro abitudini è un pretesto che fa da specchio alla loro voglia costante di allontanarsi, di tradirsi, di trattarsi con freddezza, spietata amicizia. Niente intimità, romanticismo o cose del genere. Si seguono, si separano, eppure restano sempre misteriosamente legati. Mentre Stephen si getta in progetti terroristici a favore del pianeta, Tiffany – che ha tentato senza successo di stargli dietro – va a letto con altri uomini, si abbandona al degrado, si spinge fino agli eccessi di quell’indifferenza, cercando di far sua una causa in cui forse non crede neanche davvero. Ma la scrittura della Zink ha la preziosa capacità di tenerla a galla: lei non sembra mai davvero una vittima, tutt’altro; è schietta carnefice di se stessa, prima orgogliosa fautrice del suo dolore. E passa da un letto all’altro, da una casa all’altra senza capire mai davvero per cosa lottare, per chi ne valga la pena. Ma Senza pelle ha un celato messaggio pietoso, che percorre come un filo costante lo snodarsi della storia: chi scrive (e chi parla) sa sorprendere con squarci di lirismo, con fotografie fugaci di sofferenze nette e abissali. Umani che si danno carezze involontarie, che per dirsi ti amo si picchiano a sangue. E tanto basta. Perché Senza pelle (Minimum Fax, 2016) resta così per tutto il tempo, non dà scampo. È davvero un romanzo difficile, ma carismatico, interessante all’eccesso dal punto di vista del coinvolgimento mentale, che esige dal lettore freddezza e purezza, la capacità di dimenticare il confine tra bene e male, come spesso sanno fare gli animali. Vi sfido a leggerlo.
Questo libro è per chi vive sgarrupato, per chi cerca nidi di uccelli abbandonati, e per chi cerca di evadere prigioni intime e immaginarie.
Gaia Tarini
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Sono nata a Perugia nel 1989. Scrivo per la Colonna dal 2014, e nel 2011 ho fondato il blog di recensioni letterarie Le ciliegie parlano, insieme a Giorgia Fortunato.