Josephine W. Johnson / Il viaggiatore oscuro
– Deve essere stata quella parola indiana a farlo accadere, – disse Paul. Forse c’è una parola segreta per tutte le cose del mondo! – Se una parola c’è, pensò Paul, se ci sono un portale d’accesso e una chiave, allora magari prima di morire riuscirò a trovarli… Se c’è una parola che mi riporti in vita.
In una fredda notte di febbraio, Douglass Moore si presenta sull’uscio di casa col nipote Paul, ragazzo serio e complicato che stringe tra le braccia una valigia dal contenuto misterioso. Paul è in fuga dal padre Angus, fratello di Douglass, uomo duro e insensibile, colpevole di aver frainteso troppo a lungo le fragilità di quel figlio un po’ speciale. La famiglia Moore – la religiosa Lisa, la bella Norah, l’intellettuale Tom e il piccolo Christopher, capiscono subito di avere il compito delicato di recuperare Paul dal suo continuo oscillare tra la realtà e la follia: clinicamente considerato instabile, infatti, il ragazzo è preda di una latente schizofrenia che, complice l’arretratezza della medicina moderna, lo espone ai pericoli della solitudine e di un minaccioso isolamento. In quella famiglia così semplice e volenterosa che lo ospita e protegge come fosse un’ultima e disperata missione, Paul avrà tanto l’occasione di restare se stesso quanto quella di scegliere se abbandonarsi definitivamente alla follia, mentre la sua presenza in casa metterà in discussione le vite di tutti, cambiandone i destini.
La prosa di Josephine W. Johnson ha la delicatezza della scrittura femminile e la schiena dritta di quella maschile: il suo è un punto di vista esterno che tiene compagnia ai personaggi in quel viaggio che si alterna continuamente tra paradiso e inferno. Abile nel suggerire costantemente il pericolo di una prossima tragedia, ma intelligente nel fermarsi sempre un attimo prima che accada, Il viaggiatore oscuro (Del Vecchio Editore, 2015) è un romanzo che ha bisogno di essere finito per rivelarsi nella sua efficacia e nella sua bellezza. Discreta, semplice e miracolosamente preziosa.
Consigliato a chi sa fabbricarsi una macchina fotografica con una scatola da scarpe e a chi ha bisogno di farsi le domande giuste, per darsi – perché no – risposte sbagliate.
Gaia Tarini
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