Roberto Arlt / Una domenica pomeriggio
«Sono contento che ci creda, Leonilda. In realtà, conoscere una donna è una tristezza in più. Ogni ragazza che passa nella nostra vita fa arrugginire qualcosa di prezioso che abbiamo dentro. Probabilmente ogni uomo che passa nella vita di una donna distrugge in lei un aspetto della bontà che altri avevano lasciato intatto, perché non avevano trovato il modo di spezzarlo. Siamo pari. Siamo un bel branco di canaglie.»
Tre piccoli racconti – Il gobbetto, Le belve e Una domenica pomeriggio – bastano a strappare il biglietto per l’ingresso al mondo di Roberto Arlt, un universo popolato da creature grottesche e senza morale, o da donne profondamente infelici che vivono in bilico tra la tentazione di tradire il marito e l’utopia di essergli fedeli. Sono gli avanzi di galera, le puttane sentimentali dei postriboli peggiori, i corpi deformati che sottilmente chiedono aiuto, o gli osservatori fondamentali cui è affidato il compito di raccontare queste storie, quelle umanità che, senza una penna capace di governarle e accarezzarle, sarebbero condannate all’oblio. Una domenica pomeriggio, fulminea antologia pubblicata quest’estate da SUR, è effettivamente la chiave per coltivare la confidenza necessaria con Arlt e con la sua scrittura mai esausta, sempre perfettamente a cavallo tra il lirico e lo sporco, tra l’ironico e il sentimentale. Una piccola gemma che invita all’approfondimento, e lascia un sapore dolceamaro com’è lo stesso titolo, che richiama la vena malinconica e un po’ speziata che hanno tutte le domeniche.
Consigliato a chi cerca una lettura mordi e fuggi ma non vuole rinunciare alla qualità.
Gaia Tarini
Leggetela anche su Le ciliegie parlano